Descrizione
I mercanti ragusei, le loro relazioni commerciali nei Balcani e nel Mediterraneo, la maestosa figura di Bernardo Gundulig, la peste, il terremoto sono alcuni “fili” preziosi della tela intessuta da Cristiano Caracci all’interno de La luce di Ragusa. Ma ci sono altri “punti fermi”, altre cadenze, atmosfere, figure; altri personaggi a segnare l’opera. Il romanzo ha una circolarità di evocazione incessante: una sorta di staffetta continua passa la mano ai diversi raccontatori dando vita a uno splendido “diario”, che è insieme storia di una famiglia attraverso più generazioni e storia originale di Ragusa-Dubrovnik, la famosa “piccola” repubblica marinara adriatica. La città, autonoma e mercantile, cresce agli occhi del lettore in una luce che è fisica e solare, smagliante però di una luminosità duratura e impalpabile, in certo senso metastorica, divenendo così il simbolo distintivo di Ragusa. La repubblica marinara si manifesta, talvolta, arcigna con i suoi figli migliori, però la nostalgia di quella luce li attira infinitamente e li spinge a ritornare. Caracci sa tracciare questa nostalgia e la luce di Ragusa; la vita, la storia, l’anima della città, dei suoi mercanti e della sua gente; le feste e le tradizioni; con una capacità narrativa sorprendente: la sua lingua è alta, ma fluente e bellissima; avvolgente e penetrante, riempie di stupore per il suo grande fascino. La luce di Ragusa si rivela, quindi, in questi tempi morti per la narrativa, un vero “piccolo” capolavoro che fa di Cristiano Caracci, sconosciuto fino a ieri, un autentico, straordinario scrittore.
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