Descrizione
Tutte le storie raccontate ne Il ciclista del Duce sono vere perché appartengono alla vita vissuta: ora domestiche e toccanti («Filemone e Bauci»), ora briose («Un fotografo fin de siècle», «Lo “scrittoio” del trasmissier»), ora splendidamente comiche («A pranzo con l’ambasciatore di Galizia…»). Talvolta drammatiche («Storia del partigiano “Lepre” fucilato due volte») perché ambientate nel clima della guerra civile tra fascisti e partigiani. Una profonda umanità laica ed evangelica le attraversa apertamente fino al ritratto esemplare del maggiore Gruber, ufficiale della Wehrmacht, che lascia ammirati e anche sbalorditi per l’eccezionalità del caso: l’umanità di Mario Bernardi, la sua nobile coscienza civile, travalicano gli schieramenti incontrando l’uomo e la persona. Infatti Il ciclista del Duce si rivela un libro di ritratti e di anime, incorniciate con naturalezza, cordialità e una punta attraente di colore; però è anche ricognizione e memoria felice della gente e delle tradizioni di vita delle Terre del Piave o, per meglio dire, di quella “Repubblica dei Tre Fiumi” che comprende, oltre alla Piave, il Monticano e la Livenza. Un “piccolo” affresco di un’epoca e di un mondo, poveri ma dignitosi, ormai scomparsi. E al centro c’è Oderzo, la capitale, cui Mario Bernardi accenna e rimanda di continuo, nominandola esplicitamente solo qualche volta; con affettuosità e dolcezza, la esalta a piccola “metropoli” contadina. Perché Oderzo non è qui un monumento o un museo quanto piuttosto una dimora, in cui abitano degli uomini vivi.
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